FONDI PENSIONE QUESTI SCONOSCIUTI

Roma -

 

 

    

FONDI PENSIONE : DAVVERO NECESSARI ?  NO !!!

 

L’introduzione nel sistema pensionistico italiano dei fondi pensione è stata preceduta e accompagnata dalle prese di posizione di una vasta schiera di sostenitori. Soggetti tra i più diversi (Governo, mondo finanziario e assicurativo, “opinionisti”, sindacati concertativi, ecc) si sono affannati nel presentare i fondi pensione come l’unica indispensabile soluzione per far fronte all’aumento della spesa pensionistica. Taluni poi di questi soggetti, sfoderando una sorprendente “compassione” per le sorti di operai e impiegati, hanno sottolineato come i fondi pensioni rappresentino la via obbligata per garantire ai lavoratori nel prossimo futuro (in particolare dal 2020) una pensione dignitosa.

Ma è proprio così? Si tratta di una strada obbligata? La risposta è NO !

In molti paesi europei si è scelto di garantire al sistema pubblico le risorse finanziarie per far fronte alle nuove esigenze previdenziali. Ad esempio la Francia ha deciso nel 1999 di costituire dei Fondi di riserva delle Pensioni gestiti da un istituto pubblico. Questi fondi aggiuntivi sono stati costituiti con risparmi della spesa previdenziale, con i proventi derivanti al Governo dalla vendita di licenze (telefonini) e privatizzazioni e con un’aliquota di un’imposta sui redditi da capitale.

Ma si dirà: i francesi sono sempre stati originali. E invece in Europa sono fra gli ultimi arrivati in questa scelta pubblicistica. La Commissione europea valuta che i fondi di riserva pensionistici ammontino al 55% del Prodotto Interno Lordo (PIL) in Finlandia, al 29% in Svezia, al 25% in Danimarca, al 22% in Lussemburgo, all’8% in Irlanda, al 3% in Portogallo e Olanda. Più di recente anche Grecia, Spagna, Belgio e appunto Francia hanno attivato strumenti di questo tipo.

Ma perché questo non si può fare anche in Italia? Perché è stata imboccata senza un reale dibattito la pericolosa strada dei fondi pensione?

La risposta c’è fornita da uno dei maggiori esperti italiani di previdenza, il Prof. Angelo Marano: “Le ragioni vanno ricercate nell’intrinseca funzionalità della previdenza integrativa a interessi politici ed economici di parte”. (Marano A.: Avremo mai la pensione?” Ed. Feltrinelli 2002  pag. 80).

Tralasciando le ben occultate finalità politiche (riduzione del ruolo dello Stato) potremmo dire in modo più semplice: i soldi dei lavoratori – perché ricordiamolo il TFR/TFS è salario differito – fanno gola a molti.

Limitandoci al solo funzionamento dei fondi ricordiamo che sono coinvolti almeno nove diversi soggetti (un’Assemblea dei soci, un Consiglio di Amministrazione, un Presidente, un Direttore, un Collegio dei Sindaci, un service  amministrativo, una banca depositaria, un gestore finanziario e un’assicurazione erogante la rendita vitalizia) e tutti hanno un costo.

Non vorremmo dunque che ai lavoratori rimanessero solo le briciole di una torta preparata in tanti anni di lavoro e nei casi peggiori (ondate ribassistiche o fallimenti di aziende o comparti, sempre possibili) neanche il piatto sul quale è posata.

Per  questo è necessario  manifestare  in modo esplicito la volontà di non aderire ai fondi pensione senza cadere nella trappola del silenzio-assenso: rimettere  in seria discussione il sistema di calcolo contributivo  adottato con la riforma Dini, non in grado di garantire pensioni di importo dignitoso, è possibile. Molto dipende dai lavoratori.

 

Roma,7.2.2007

                              P.Coord.Nazionale RdB P.I.Inail

                                            Gaspar-Frison