Lettera aperta al nuovo Direttore Generale

Roma -

Signor Direttore,

per prima cosa intendiamo darle il benvenuto e formularle i nostri sinceri auguri per il delicato ed importante ruolo che è stato chiamato a ricoprire in un momento così difficile per tutto il Paese.

Non siamo abituati ad esprimere giudizi a priori nei confronti di chi, nei diversi ruoli, viene chiamato a dirigere l’Ente, né siamo accaniti fautori della necessità che la nomina di un nuovo Direttore Generale debba essere frutto di un percorso interno. Siamo viceversa abituati a valutare l’operato dei vari organi attraverso i fatti concreti che vengono posti in essere nella salvaguardia e nel rafforzamento del ruolo pubblico di un Ente come il nostro, protagonista nel sistema di welfare del Paese, deputato a fornire risposte immediate ed adeguate alla nostra utenza di riferimento che, ci sembra doveroso sottolineare, è costituita dai milioni di  lavoratori e lavoratrici che quotidianamente, rischiano di diventare, o purtroppo diventano, vittime di infortuni troppo spesso con esiti mortali.

Gli impressionanti numeri di quelle che noi ci ostiniamo a non chiamare morti bianche ma  omicidi sul lavoro, parlano chiaro a chi vuol vedere, al di là delle aride cifre,  le vere cause di questa guerra infinita da ricercare non tanto nella tragica fatalità, ma nel sistema incontrollato degli appalti e dei subappalti, nei ritmi di lavoro serrati, nella mancanza di controlli adeguati ed efficaci, nella piaga dilagante del  lavoro nero che mal si coniuga con l’osservanza delle norme sulla sicurezza o con la necessità di adeguata formazione.

Non è questa la sede per aprire un confronto su tematiche di così ampio respiro, ma se non partiamo da questi elementi difficilmente sarà possibile improntare scelte e conseguenti ricadute organizzative che vadano nella direzione giusta.

Solo per fare un primo esempio di quanto stiamo affermando, poniamo in evidenza il problema dell’attività ispettiva dell’Istituto, stravolta dall’intervento del Governo nel 2015.

I funzionari di vigilanza in Inail sono in numero nettamente insufficiente a garantire la copertura dell’intero territorio nazionale. L’Inail deve assumere un ruolo deciso nei confronti della politica affinché si arrivi all’abrogazione della norma che ha previsto l’inserimento degli ispettori di vigilanza di INPS e INAIL in un ruolo ad esaurimento, impedendo in questo modo ai due Istituti di ricorrere a nuove assunzioni.

Come se non bastasse le recenti modifiche al Testo Unico sulla Sicurezza hanno assegnato nuovi compiti tecnici agli ispettori del lavoro, estesi anche agli ispettori INPS e INAIL che abbracciano campi diversi da quelli abituali, creando un forte disorientamento tra il personale ispettivo ed accentuando il già forte disagio connesso al ruolo ad esaurimento e alle disfunzioni legate alla nascita dell’INL.

Anche sul versante sanitario sono necessari interventi che non possono più essere procrastinati, a partire dall’ urgenza di stabilizzare il personale precario assunto con contratti di collaborazione per fronteggiare l’emergenza legata alla pandemia e per garantire le prestazioni istituzionali dell’area sanitaria in uno dei momenti più difficili che siamo stati costretti ad affrontare.

Non possiamo permetterci di perdere l’apporto fondamentale di questi lavoratori e lavoratrici se vogliamo garantire la continuità del servizio nei nostri ambulatori, a prescindere dagli effetti determinati dal Covid: la gravità del fenomeno infortunistico e l’aumento delle malattie professionali nel nostro Paese sono sotto gli occhi di tutti.  E’ necessario non solo un forte impegno e una maggiore incisività rispetto a quella profusa sinora da parte degli organi dell’Istituto nell’affrontare e risolvere attraverso l’interlocuzione politica la trasformazione e la stabilizzazione del loro rapporto di lavoro, ma  anche, e forse soprattutto, una seria riflessione sul ruolo sanitario e sulla conseguente collocazione  del nostro Istituto all’interno del sistema sanitario pubblico del Paese.

A questo si collega la necessità di rafforzare la funzione sociale dell’Inail anche attraverso il ruolo delle e degli assistenti sociali, oggi numericamente troppo pochi e non valorizzati nel loro compito, ridotto spesso all’espletamento di funzioni meramente amministrative a scapito dell’obiettivo della tutela globale integrata che vede tra le mission dell’Istituto anche il reinserimento lavorativo di infortunati e tecnopatici.

Scegliere una strada e percorrerla fino in fondo, sia in termini di scelte politiche che di conseguenti ricadute organizzative  abbandonando altre strade che poco hanno a che fare con il ruolo dell’Istituto e che soddisfano  altri interessi: ci riferiamo in particolar modo alle politiche degli acquisti immobiliari  di dubbia utilità dal punto di vista sociale, peraltro portati a compimento  con un numero di personale –  tecnici e professionisti edili – ridotto ai minimi termini e a rischio di estinzione  per l’elevata età anagrafica. 

La situazione della progressiva e generale riduzione del personale in tutti i profili, siano tecnici che amministrativi, è sicuramente tra i problemi che dovranno essere affrontati con la massima urgenza.

Il mancato turn-over e le politiche di contenimento della spesa del personale delle pubbliche amministrazioni hanno determinato negli anni non solo l’innalzamento dell’età anagrafica del personale, ma anche una carenza media di circa il 22% rispetto al fabbisogno individuato. Carenza che in alcune strutture tocca punte drammatiche che arrivano fino al 40%-50% rispetto ad un fabbisogno già pesantemente tagliato nel corso degli anni solo per esigenze di risparmio della spesa pubblica e non per esigenze reali, dal momento che i compiti assegnati all’Istituto sono aumentati.

Conseguenze di questa situazione l’aumento costante dei carichi di lavoro, il dilagare del fenomeno del mansionismo, il “malessere organizzativo” che ormai si vive quotidianamente, la frustrazione di chi ha la consapevolezza di dover sempre più spesso sacrificare nel proprio lavoro la qualità del servizio in nome del mero adempimento,  per raggiungere obiettivi totalmente scollegati dalla realtà organizzativa delle strutture.

Crediamo che sia ormai giunto il momento di cambiare decisamente passo: da troppo tempo ormai la nostra Organizzazione lancia gridi di allarme pressoché inascoltati sul futuro prossimo dell’Ente, destinato ad una lenta ma inevitabile agonia se non si forniscono risposte concrete alle tante difficoltà che, per i più vari motivi, ma con precise responsabilità, si sono accumulate nel corso degli anni. Senza queste risposte inutile parlare di prevenzione, se non per limitarci ai finanziamenti alle imprese virtuose senza effettuare alcuna verifica sui costi-benefici di tali operazioni, inutile parlare di reinserimento lavorativo e familiare degli infortunati, inutile parlare…

Revisione dei fabbisogni, emanazione di nuovi concorsi, soluzione al problema del mansionismo attraverso la rapida applicazione di quanto previsto dal nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro ormai alle battute finali, emanazione dei bandi per le progressioni orizzontali, procedure informatiche efficienti e non farraginose ma realmente al servizio dell’utenza interna ed esterna,  capacità di ascolto, attenzione alle specificità dell’Ente e non ultimo, un nuovo modello di relazioni sindacali improntato al rispetto dei ruoli e delle prerogative, possono costituire i primi importanti segnali di un cambiamento concreto atteso dal personale.

Ci auguriamo che lei, dott. Tardiola, sia uno degli attori principali di questo cambiamento, nella consapevolezza della complessità del nostro Istituto.

Nel ribadire la nostra consueta disponibilità ad un confronto franco e avulso da pregiudizi, teniamo però a sottolineare la natura indipendente della USB nel valutare le future scelte dell’Amministrazione.

 

Buon lavoro!

 

Roma, 17 gennaio 2022                                                          USB Inail                            

                                                                                       Esecutivo Nazionale