I permessi personali non sono una concessione: sono un diritto contrattuale. Difendiamolo insieme
Segnalazioni dai lavoratori: facciamo chiarezza. In seguito alle segnalazioni ricevute da alcuni colleghi riguardo alle difficoltà incontrate nell'utilizzo dei permessi per motivi personali o familiari a causa del persistere di interpretazioni arbitrariamente rigide imposte da taluni dirigenti, riteniamo opportuno fare chiarezza su questo istituto e sui suoi presupposti.
Cosa dice il contratto. Tali permessi risultano attualmente disciplinati dall’art. 25 del CCNL Funzioni Centrali 2019-2022, il quale, al comma 1, prevede che “Al dipendente, possono essere concesse, a domanda, compatibilmente con le esigenze di servizio, 18 ore di permesso retribuito nell'anno, per particolari motivi personali o familiari”.
L’interpretazione dell’ARAN. L’ARAN, che è intervenuta più volte per aiutare le Amministrazioni ad interpretare ed applicare correttamente la suddetta norma contrattuale, con un parere del 2018 – ancora attuale, anche se relativo all’art. 32 del CCNL Funzioni Centrali 2016-2018 – chiarisce che:
“La formulazione dell’art. 32 del CCNL Funzioni centrali 12/2/2018 in materia di permessi retribuiti non prevede più la necessità di documentare i motivi e le ragioni per le quali viene richiesto il permesso, anche se la motivazione, che consente di ricondurre tale tutela alle esigenze personali e familiari dell’interessato, va comunque indicata nella richiesta avanzata dal dipendente, in quanto la stessa resta il presupposto legittimante per la concessione del permesso.”
Due punti fermi. Dunque, dalla formulazione del dettato contrattuale, tenuto conto dell’evoluzione interpretativa che tale istituto ha avuto nella direzione di un progressivo ridimensionamento della discrezionalità dirigenziale con conseguente ampliamento della tutela delle esigenze personali e familiare del dipendente, possono certamente trarsi due conclusioni:
- La richiesta deve essere motivata, ma non occorre alcun documento né una specifica analitica: è sufficiente una dichiarazione generica (es. “motivi familiari urgenti”).
- La valutazione del dirigente si concentra su un solo aspetto: la compatibilità con le esigenze di servizio.
Cosa non può fare il dirigente. Il dirigente non deve sindacare sulla “meritevolezza” dell’esigenza personale o familiare indicata dal dipendente: la sua valutazione deve limitarsi a verificare che la richiesta sia motivata, cioè giustificata, anche solo con una dichiarazione generica - sufficiente ad individuare la causale del permesso richiesto - e che l’assenza non comprometta le esigenze di servizio.
In pratica, il dirigente non può rifiutare il permesso perché ritiene “non sufficientemente importante” il motivo personale. Può, invece, negare il permesso se dimostra che l’assenza del dipendente pregiudicherebbe il buon funzionamento del servizio (es. turnazione scoperta, scadenze imminenti, carenza di personale). In caso di diniego, è necessaria una motivazione scritta e circostanziata.
Altri comparti: verso una maggiore tutela. A riprova del graduale rafforzamento dell’orientamento favorevole al lavoratore nell’interpretazione dell’istituto in esame, si segnala che in altri comparti come quello delle Funzioni Locali, con riferimento ad una disposizione contrattuale non molto dissimile da quella del CCNL Funzioni Centrali, l’Aran ha chiarito che “non è più necessario che il dipendente espliciti la motivazione della sua richiesta di fruizione del permesso in questione”.
Abusi da segnalare. Una volta delineato il perimetro entro il quale è esercitabile il potere discrezionale del dirigente, eventuali travalicamenti sono da considerarsi eccessi illegittimi e arbitrari e vi invitiamo a segnalarceli!
Uno di questi ci è già stato riferito e riguarda la prassi gravemente illegittima di indurre il dipendente a rinunciare alla richiesta di permesso per motivi personali o familiari e a convertirla in una richiesta di ferie o di permesso per visite mediche ex art. 22 CCNL Funzioni Centrali 2022-2024, qualora il dirigente ritenga il motivo “non rilevante” o “non meritevole” o “non pertinente”.
Violazioni contrattuali gravi. Entrambe le condotte integrano un abuso di potere e una violazione contrattuale, poiché non solo il dirigente entra arbitrariamente nel merito delle esigenze personali o familiari addotte nella richiesta ma, addirittura, interferisce nell’esercizio di diritti – molto diversi per ratio e disciplina - che spettano esclusivamente alla libera determinazione del lavoratore.
Contraddizioni logiche e giuridiche. Inoltre, negare il permesso per motivi personali o familiari sulla base di presunte esigenze organizzative, salvo poi autorizzare la fruizione di un giorno di ferie nella medesima giornata, rappresenta una contraddizione logica e giuridica.
Se l’amministrazione è in grado di autorizzare l’assenza tramite ferie, significa che le condizioni organizzative per assentarsi sono compatibili, e dunque non sussiste alcun ostacolo oggettivo alla concessione del permesso per motivi personali.
In tal caso, il diniego del permesso non è motivato da esigenze di servizio, ma da una valutazione indebita sul contenuto della motivazione, che esula dai poteri del dirigente e configura un abuso di discrezionalità.
Visite mediche: libertà di scelta. Lo stesso discorso vale per il caso in cui il dirigente richieda all’interessato la conversione del permesso per motivi personali in permessi per visite mediche, con l’aggravante che sul tema l’Aran è già intervenuta chiarendo che il lavoratore ha la facoltà di fruire dei permessi per motivi personali anche per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici. La scelta tra le due tipologie di permesso spetta al lavoratore senza che il dirigente possa esercitare alcuna ingerenza.
Privacy e libertà di scelta: un diritto da rispettare. Infine, entrambe le prassi suesposte, oltre a travalicare illegittimamente i limiti del dettato contrattuale, omettono capziosamente di considerare le ragioni - valide e personalissime - per cui il dipendente potrebbe preferire il ricorso alla causale ex art. 25, come ad esempio la necessità di usufruire di tali permessi entro l’anno solare, senza possibilità di portarli all’anno successivo (a differenza delle ferie!), o per non dover rivelare aspetti sensibili della propria vita privata (tipo la struttura sanitaria frequentata in caso di permesso per visita medica!).
La posizione di USB. USB diffida formalmente le dirigenze coinvolte dal proseguire con queste prassi illegittime e invita tutte le amministrazioni a riconoscere e rispettare il diritto contrattuale dei lavoratori.
Cosa puoi fare tu. Invitiamo le lavoratrici e i lavoratori a:
- segnalarci ogni caso di abuso o diniego immotivato;
- non rinunciare ai propri diritti;
- contattarci per assistenza e tutela, anche in sede legale.
I permessi personali non sono una concessione: sono un diritto contrattuale. Difendiamolo insieme!
USB PI Coordinamento Nazionale INAIL
 
							     
					 
    
			 
    
			 
    
			 
							 
							 
							 
        						 
				 
                                    