HA QUASI DELL'INCREDIBILE!

Roma -

          

          L’Italia è nel pieno di una crisi economica senza precedenti. Le ricette utilizzate per tentare di uscirne colpiscono duramente le fasce più deboli della società. I lavoratori pubblici  vengono utilizzati come bancomat attraverso contratti bloccati sino al 2017, tagli dei fondi per il salario accessorio, blocco dei salari almeno fino al 2014, tagli degli organici, blocco del turn-over, allungamento dell’età pensionabile per le donne, previsione della mobilità coatta. La pubblica amministrazione, e con essa i servizi che rende ai cittadini, deve lasciare il posto ad esternalizzazioni e privatizzazioni. La BCE impone  al Governo italiano,  di “valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego…se necessario riducendo gli stipendi”. Tanto per rimanere solo nel nostro comparto e fare degli esempi recentissimi 18 dipendenti di un piccolo Ente del Parastato, l’ISIAO, sono da 4 mesi senza stipendio, perché il Ministero vigilante non manda più fondi. 91 lavoratori della CRI, che prestavano servizio sulle autoambulanze di Roma, precari da dieci anni, sono stati licenziati, senza alcuna garanzia per il loro futuro.

         La Grecia sta sperimentando quello che da un momento all’altro può accadere anche in Italia ed in tutta l’area dei cosiddetti PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna): 30.000 lavoratori del Pubblico Impiego verranno collocati in un fondo “di riserva per il lavoro” con lo stipendio al 60% per un anno e poi licenziati.

Chiunque ha un minimo di buon senso ha buoni motivi per preoccuparsi seriamente del prossimo futuro.

         Poi si entra in trattativa all’Inail ed improvvisamente sembra di essere catapultati in un’altra dimensione, quasi irreale. I sindacati seduti intorno al tavolo si aggrappano forsennatamente a quel poco che è rimasto della trattativa, tentando di difendere un ruolo ormai esaurito nelle modalità fino ad oggi praticate  ed in questa difesa trascinano ancora più a fondo i lavoratori,  giocando  a fare i difensori di una meritocrazia del cavolo, con l’alibi del senso di responsabilità o dell’imposizione della linea da parte della  Federazione di appartenenza.

         Perché tutto  questo preambolo?

          Perché è inaccettabile che qualcuno sia disposto a sottoscrivere accordi come quelli che ci verranno presentati martedì 11 ottobre. Non sarebbe accettabile in nessuna situazione, ma  men che meno nel panorama che abbiamo oggi davanti.

Martedì oltre alla firma dell’accordo definitivo sui fondi 2010, è prevista anche quella relativa al  sistema premiante 2011. Premesso, ed è bene sottolinearlo, che i fondi 2011 prevedono un’ ulteriore diminuzione di circa 700 euro medi pro-capite anche in relazione alle previste procedure concorsuali, l’amministrazione  ha  predisposto due accordi separati:

·il primo relativo al sistema premiante 2011;

·il secondo relativo all’introduzione delle famose fasce di merito, previste dalla legge Brunetta  e direttamente collegato al primo.

  Perché i due accordi, seppur separati, sono collegati tra loro?

         Nel primo accordo, che dovrebbe essere firmato martedì, l’Amministrazione ha previsto che i  destinatari dell’1,10 che fino all’anno scorso potevano essere al massimo il 20% del personale, da quest’anno potranno essere il 30%; percentuale  che guarda caso corrisponde perfettamente a quella  prevista nel secondo accordo per la prima fascia della d.lgs 150: “gli eccellenti”.

         La valutazione, totalmente a discrezione dei dirigenti, verrà utilizzata non solo per l’attribuzione dei parametri relativi al sistema premiante, ma anche per l’inserimento nella graduatoria relativa alla suddivisione del personale nelle tre fasce di merito. Quindi una volta fatta la valutazione, il travaso da quella per la corresponsione dell’incentivo a quella necessaria all’inserimento nelle  fasce avviene in maniera automatica. E firmare un accordo significa implicitamente accettare l’altro.

         Non ci sono  soldi freschi (il cosiddetto dividendo dell’efficienza)  per applicare le fasce ma l’Amministrazione (e di conseguenza anche chi è disposto a sottoscrivere l’accordo)  sostiene che la legge Brunetta   va comunque applicata, con effetti solo “normativi” . Cosa significa questo? Che i lavoratori che si troveranno loro malgrado nella  terza fascia  (dove dovrebbe collocarsi il 10% del personale) saranno  penalizzati nelle prossime procedure concorsuali,  e ancora più grave potranno essere, dopo due anni, passibili di licenziamento per scarso rendimento.

      Non crediamo che ci sia ancora qualcuno che abbia voglia di sottovalutare quest’ipotesi. Quali saranno i colleghi che  dovrebbero  finire nella famosa terza fascia?

      Nell’ipotesi presentata dall’Amministrazione la percentuale di personale che si collocherà in prima fascia sarà il 30% (cui andrà destinato il 50%  delle risorse aggiuntive), nella seconda il 60% (cui andrà destinato il 45% delle risorse), nella terza il 10% ( cui andrà destinato il 5% delle risorse).

Delle tre fasce farà parte soltanto il personale che avrà avuto, comunque, una valutazione positiva.  Questo significa che chi avrà una valutazione negativa resterà “fuori” dalle fasce ma vuol dire anche che se le valutazioni dovessero essere in una determinata sede tutte dallo 0,90 all’1,10, nella terza fascia ci può finire il collega che è definito dall’Amministrazione “adeguato alle attese”, o “leggermente inferiore alle attese ma soddisfacente” e che è stato valutato 0,90 o paradossalmente anche 1. Questo perché la percentuale di personale da inserire nelle fasce è predeterminata, quindi chiusa. Per risolvere il problema della capienza nelle fasce, in caso di parità di punteggio il lavoratore con meno anzianità di servizio, verrà collocato nella fascia più bassa! Questo ovviamente ad insindacabile giudizio del dirigente.

C’è da aggiungere che la stessa dirigenza  sarà penalizzata se non diversificherà le valutazioni dei lavoratori, subendo oltre alla decurtazione economica anche “l’onta” di non avere il punteggio massimo dell’efficienza! E questo provocherà inevitabilmente l’accanimento  nello stilare le pagelle.

Che vogliamo fare? La USB non è disposta ad avallare scelte scellerate e ritiene che su questi due accordi i lavoratori debbano esprimersi chiaramente. Perché le scelte che verranno fatte martedì avranno pesantissime ricadute in futuro.

Speriamo di essere stati sufficientemente chiari.

 

 

USB – P.I.

Roma, 10 ottobre 2011